mercoledì 12 settembre 2012

"Questa è l'ultima volta che facciamo l'amore io e te, l'ultima volta che siamo così vicini. Domani mattina - che poi è stamattina - ci alzeremo e ognuno andrà per la sua strada. Oppure cammineremo insieme, ma solo come amici. Questa è l'ultima volta che spengo il cervello, perché solo con te ci riesco ma non voglio più farlo. Questa è l'ultima volta che le tue mani si poggiano sui miei fianchi e il mio capo sul tuo petto. E ieri è stata l'ultima volta che ti ho detto ti amo".
Avrebbe dovuto dirglielo ad alta voce e invece lo pensò soltanto, mentre stava stretta a lui. E lui forse l'aveva anche pensato "mi stringe come se non ci fosse un domani", ma che ne sapeva che lei pensava tutte queste cose.
Lei le pensava ed era come se gliele stesse dicendo, ma erano cose che non poteva dire ad alta voce. Non si dicono ad alta voce promesse del genere: metti che poi non ci riesci? Metti che prova a farti cambiare idea? Metti che lui non ci prova nemmeno a farti cambiare idea?
Ci aveva pensato per ore quella notte, da quando la sera prima gli aveva detto "ti amo", un po' insicura. Lo sapeva che probabilmente non avrebbe ricevuto risposta, ma dopo tanto tempo non si sa mai, magari qualcosa cambia e poi la guardava in un modo, la baciava in un modo.
"Io no. Mi spiace, mi spiace, mi spiace. Davvero, sei una ragazza fantastica, carina, simpatica, intelligente, ma non ti amo. Ti voglio tanto bene, sei una delle persone che mi conosca meglio al mondo, una delle poche che riesca a sopportarmi ma non ti amo e non sarebbe giusto mentirti."
"Così ti devo anche ringraziare, eh?", ma non lo disse in modo duro, lo disse sorridendo e lui le carezzò il viso.
"Non ti preoccupare, avevo già una mezza idea che la tua risposta sarebbe stata questa. Insomma, ci speravo, non dico di no, ma me lo aspettavo". "Mi spiace.", diceva e cercava segni di lacrime sul suo viso, perché la conosceva bene.
"Non ti devi dispiacere, non sto piangendo, vedi? Sorrido. Non ti devi sentire in colpa, tu che c'entri? Non colpa tua se non mi ami." E sorrideva, se quello si poteva chiama sorriso.
"Non è neanche colpa tua."
"Lo so."
Gli diede un bacio sulle labbra "Dormiamo dai, è stata una lunga giornata." Non si poteva girare di spalle, o lui avrebbe pensato che fosse una scusa per piangere di nascosto, così si sforzava di rimanere serena, con gli occhi chiusi. Forse le palpebre tremavano più del dovuto, forse il respiro era un po' affannato, la sua mano che accarezzava il visto di certo non aiutava, ma piano piano ci stava riuscendo. Bastava aspettare qualche minuto, con aria indifferente si sarebbe voltata e magari a quel punto avrebbe anche potuto permettersi qualche lacrima silenziosa. "Non lo farò sentire in colpa" pensava. "Non se lo merita". E chissà che lui non pensasse le stesse cose. Un po' trema, tira su il lenzuolo "Fa freddo, eh?". Sorrisino e si gira. "Sei tu che sei la solita freddolosa", e l'abbraccia per scaldarla.
Ci aveva pensato tutta la notte, di spalle su quel letto: le cose dovevano cambiare e se non lo facevano da sole ci avrebbe pensato lei. 
Guarda l'ora, sono le quattro, si gira. Lui è ancora sveglio, la guarda, chissà da quanto tempo stava così. Le viene in mente una frase, la diceva qualcuno in Dawson's Creek: "Capisci di amare veramente qualcuno quando puoi passare tutta la notte, seduto accanto al fuoco, a guardarlo mentre dorme". Perle da telefilm. "Mi ha guardato dormire tutta la notte, se così fosse dovrebbe amarmi. Ma in fondo non è stato per un'intera notte, non c'era un camino e io non dormivo. Per forza non mi ama, ci fosse stato un camino almeno. O avessi dormito."
Allora poggia la sua testa nell'incavo tra il collo e la spalla e inizia a baciarlo, poi passa alle labbra - così buone. Sente le sue mani sulla pelle, sotto la maglia. Le erano sempre piaciute le sue mani grandi e forti, il modo in cui percorrevano la sua schiena. "Sei sicura? Dopo quello che ti ho detto, intendo. Cioè, dopo quello che non ti ho detto... non vorrei che poi. Insomma. Hai capito, no?". E certo che aveva capito, ma che importava? Lo accarezza piano, vuole imprimere il suo corpo nella mente centimetro per centimetro e già sa che non lo dimenticherà mai, anche a distanza di anni, perché già una volta si erano persi e ritrovati. Ma questa volta doveva essere per sempre, e se non poteva essere per sempre doveva essere mai più. E questa cosa del per sempre e del mai più le era venuta così in testa, che a spiegarla sarebbe stato difficile, ma lei si era capita e tanto bastava al momento. Fare l'amore come se non ci fosse un domani, questo voleva.
E poi si sono addormentati davvero, una nelle braccia dell'altro. La sveglia alle otto, la doccia, il caffè, la colazione. Lei deve andare a lavoro, lui ha ancora un po' di tempo e poi domani tornerà alla sua città.
E' bellissima col suo tailleur, e lei lo sa. E' sorridente, si avvicina per salutarlo. Gli dà un bacio sulla guancia, leggero, sfiorandolo appena. "Solo amici da oggi", e anche questa volta non lo dice, lo pensa. E invece dice "Ci vediamo stasera, cucina tu qualcosa." Ma lui capisce, perché lui capisce sempre.

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