domenica 20 gennaio 2013

Tu sei venuto con quella margherita a chiedermi perdono. Una margherita.
Altra gente avrebbe portato mazzi di rose, scatoli di cioccolatini, enormi pupazzi.
Tu sei venuto con quella margherita e una polaroid di quel fiore nelle tue mani.
"Ti prego, ascoltami." E io ti ho ascoltato.
Perché lo sai che non posso farne a meno. L'unico modo per non ascoltarti, sarebbe stato non uscire e non vederti. Per un giorno, una settimana, meglio ancora un mese. Forse dopo sarei stata più lucida, o forse no ma ci sarebbe stata almeno una piccola possibilità.
Così ti ho ascoltato e le tue scuse mi sono sembrate sensate come sempre. Che ogni volta alla fine quasi mi viene il dubbio di essere stata io a sbagliarmi, forse sono io a dovermi scusare.
Poi mi ricordo che non è così, e lo sai anche tu. Mi chiedi perdono e io mi rendo conto che le tue non sono giustificazioni, non sono scuse, dopotutto, ma mi chiedi scusa.
"Non lo so più se mi ami o no", ti ho detto, e per una volta provo a non cedere subito.
"Fidati di me. Fidati del tuo giudizio. Ma se proprio non sai, chiedi a lei, ti dirà che t'amo."
Troppo smielato, forse.
Mi hai dato la margherita da sfogliare.
M'ama o non m'ama. M'ama o non m'ama. M'ama.
Ti è andata bene, ché se non ti conoscessi giurerei che te li sei contati tutti i petali di quella margherita, prima di darmela. Forse hai cercato nel prato la margherita perfetta.
Ho guardato quella margherita nuda, pensando se conservarla o meno. Era un po' triste all'aspetto.
"Perciò ho fatto una foto", mi dici.
"Eh?"
"Non ti va di conservare la margherita senza petali, pensi sia triste. Perciò ho fatto una foto prima."
Mi fido. Non della margherita, ma di te, ché sarebbe assurdo fidarsi di un fiore e non di chi c'è sempre stato.


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