giovedì 16 maggio 2013

Non avrei mai pensato di incontrarti davvero, sono sempre così prudente. Non avrei mai pensato di incontrare una persona conosciuta su Facebook, non accetto neanche le richieste di amicizia di sconosciuti. Ma tu non mi hai mandato nessuna richiesta di amicizia, forse è questo che mi ha fregato, il tuo non essere insistente, il tuo non essere apparentemente interessato a nulla di più di uno scambio di opinioni. E probabilmente è tutto ciò a cui tu sei interessato, tra l'altro. Io che ne so.
Ho mille fantasie in testa, di alcune dovrei vergognarmi forse, ma non importa. Ti ho immaginato con tanti aspetti diversi. A volte troppo bello e poi, per rimediare, troppo brutto. Mediavo su un aspetto anonimo, ma non poteva essere. Chi scrive così bene non può essere anonimo. Chi sa usare il congiuntivo, chi sa mettere le virgole al posto giusto, chi fa differenza tra l'accento sulla terza persona singolare del presente indicativo del verbo essere e quello su "perché", non può avere un aspetto anonimo. Anche se per l'accento il controllo automatico di Google aiuta molto, devo ammetterlo.
Un commento lasciato sotto una citazione, la mia preferita dal mio libro preferito, ecco come è iniziato tutto. L'avrò letta centinaia di volte, l'ho sempre vista in un modo e poi arrivate tu e il tuo punto di vista diverso dal mio, eppure così sensato, e mi offrite un'altra possibilità. E' difficile convincersi con le ragioni altrui - Pascal diceva qualcosa del genere -, e invece le tue ragioni erano convincenti. Ti ho odiato un po', lo sai? Non puoi prendere la mia citazione preferita e sconvolgerla così, ti renderai conto.
Ho risposto al tuo commento, hai risposto al mio. Hai tirato in ballo un altro libro, che io avevo letto e ho ribattuto. Ne hai tirato in ballo un altro che non conoscevo, e l'ho letto per risponderti. Mi è pure piaciuto. Talvolta in disaccordo, spesso in accordo, abbiamo continuato così per mesi, sotto quella citazione e sotto altre. Non ci siamo mai detti molto di personale eppure tra un commento e l'altro a un certo punto mi è sembrato di iniziare a conoscerti e ho lasciato trasparire un po' di me. Non volevo dirti troppo, diffidente come sono, ma era così naturale parlarti di me tra un libro e l'altro. Poi è capitato: un libro ambientato nella tua città e un commento che ti ha lasciato intendere che era anche la mia. Chissà, magari ci siamo anche visti qualche volta. Mi piace pensare che siamo stati fianco a fianco in una libreria sfogliando un libro, indecisi se comprarlo o meno. Mi piace pensare un sacco di cose, ma non è dette che siano vere. E' più probabile che ci siamo incontrati in un pullman affollato o che non ci siamo incontrati affatto. Ho provato anche a guardare la foto del profilo per vedere se avevi un aspetto conosciuto ma non mi è stato di alcun aiuto. Ho solo capito che potevo continuare a immaginarti castano senza scostarmi dalla realtà. Chissà se tu hai guardato la mia, di foto. Nel dubbio ne ho messa una carina.
Gli chiedo di incontrarci. Aspetto che me lo chieda lui. No, glielo chiedo io. No, aspetto lui. No, boh.
"Sai, in città la settimana prossima c'è la presentazione del suo nuovo libro" mi hai scritto in un commento. Osservazione casuale? O forse no?
"Pensavo di andarci, tu?"
"Anche io."
Praticamente, un appuntamento. Anche se non abbiamo fatto appuntamento. Potremmo tranquillamente andare in libreria, assistere alla presentazione e tornarcene ciascuno a casa propria senza neanche dirci ciao. Mica abbiamo detto "Ci vediamo lì", o qualcosa del genere.
"Ma se ti vedo ti posso salutare? - Una notifica sul cellulare un'ora prima della presentazione, un messaggio privato. Il primo. Non mi sembra una domanda da te. Che ne so io di quale sia una domanda da te, tra l'altro.
"Certo che puoi."
"Come ti riconosco?"
Come mi riconosce. Sarò quella timida e imbranata, vorrei rispondergli. Sarò quella coi baffi, gli scrivo invece. Che non è molto meglio, converrete con me.
Adesso scappa, me lo sento. Non verrà mai.
Raccolgo i capelli, metto un po' di lucidalabbra e uscendo di casa infilo la mia collana col ciondolo a forma di baffi. In fondo, non mi sei sembrato sprovvisto di senso dell'umorismo.
Mi rifugio tra uno scaffale e l'altro, vorrei individuarti per prima, non so perché. E invece.
"I baffi ti donano." Una voce all'improvviso, calda.
"Lo so, grazie." Dico sorridendo.
Neanche un ciao, neanche un piacere di conoscerti, come se fosse la cosa più normale del mondo. Prendiamo posto in una delle prime file e non perdiamo una parola del discorso di presentazione.
Ogni tanto ti guardo, ogni tanto guardi me. Tu fai anche una domanda all'autore, io la mia la tengo per me, ché come al solito la timidezza mi vince. Anche se forse per una volta un po' l'ho vinta io se sono qui con te.
Un caffè? Perché no.
Un'ora ininterrotta di chiacchiere, d'altra parte con me va così: se mi prende la timidezza o sto in silenzio o parlo di continuo. Non ho ancora capito cosa sia meglio per il mio interlocutore.
Sorrido in metro, ripensando alle ultime parole che mi hai detto: "Sai, in fondo è vero quel che si dice delle donne baffute."

2 commenti:

  1. Questa è veramente una delle cose più belle che io abbia mai letto e credimi, non sto affatto esagerando. Complimenti :)

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  2. Grazie, grazie, grazie. Fa piacere ricevere complimenti del genere, ti auguro una buona giornata. :)

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