lunedì 20 aprile 2015

Seguo le tue mani attente e scrupolose mentre prepari il tè.
Apri una scatola di latta, antico ricordo di tuo nonno e mi spieghi che le foglie vanno conservate in un luogo asciutto, al riparo da profumi che possano contaminarne l'aroma.
Mentre dosi la giusta quantità con un cucchiaio di bambù, riempi la teiera di ceramica con acqua bollente per preriscaldarla. Ne hai anche una di terracotta, ereditata dal nonno ma non possiamo usarla "perché la ceramica conserva memoria del tè" e va usata sempre per lo stesso tipo di tè che non è quello che berremo oggi.
Nel bollitore, altra acqua sta bollendo. Spegni il fuoco e la lasci raffreddare qualche minuto per raggiungere la temperatura adatta.
"Io non ho mai badato a queste cose."
"Non fai abbastanza attenzione. Quello del tè è un rituale, ha i suoi tempi e le sue regole. Il tè non si fa, si celebra"
Svuoti la teiera, sistemi sul fondo le foglie di tè e la riempi nuovamente mettendo poi il coperchio per non perdere l'aroma.
Mi piace osservare tutte queste piccole attenzioni, come ti prendi cura dei dettagli. Rivedo le stesse attenzioni e la stessa cura quando a volte mi accarezzi la mano mentre parliamo o sposti una ciocca di capelli dal mio viso.
Calcoli il tempo di infusione perché il tè non sia priva di gusto ma neanche troppo cotto e quindi amaro. Lo servi subito ma prima mescoli l'infuso nella teiera tre volte in un verso e tre volte nell'altro, piccola abitudine acquisita per distribuire gli aromi in maniera omogenea. Come poi tu abbia stabilito che tre sia il numero giusto resta un mistero.
Non ti chiedo più lo zucchero, come ho fatto la prima volta.
"Altera il sapore" - ma non me l'hai detto come qualcuno che mi stesse riprendendo per aver detto una sciocchezza evidente. Era un consiglio affettuoso.
Avvolgo le mani per scaldarle e annuso il profumo, sa di bergamotto. Mi hai spiegato tu anche questo, non avevo la minima idea di quale fosse l'odore del bergamotto fino  qualche mese fa ma mi stai insegnando a riconoscere odori e sapori.
Sul tavolino davanti a noi un piatto di biscotti che ho preparato per l'occasione e un vaso di fiori. Mentre guardo le foglie, ricordo quella volta in cui mi hai raccontato una leggenda sulle origini delle foglie del tè "dicono che derivino dalle palpebre strappate di un monaco buddista che si era addormentato durante la meditazione e voleva impedirsi di addormentarsi di nuovo." Questa immagine ha guastato i miei sogni in più di un'occasione, così scuoto la testa come per allontanarla e cerco di ricordare i principi costitutivi della cerimonia del tè: armonia, rispetto, purezza e tranquillità.
Ritorno allora al rituale, prendo la tazza con la mano destra e la appoggio sulla sinistra, ammirando i fiori di pesco che la ornano. Ruoto la tazza in modo da porgere il lato più bello verso l'esterno, bevo e dopo aver pulito il punto in cui ho poggiato le labbra - niente rossetto oggi - la riporto  nella posizione iniziale. Mi hai detto che un giorno o l'altro seguiremo l'intero rituale ma può richiedere ore, così poggio la tazza sul tavolo e guardo fuori dalla finestra.
Piove, restiamo qui ancora un po' a sorseggiare il tempo che passa.



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