mercoledì 20 maggio 2015

Mi aspettano tre settimane intense.
Studio matto e disperato.
Lavoro matto e disperato.
Insomma, prendete una qualsiasi attività, aggiungeteci ''matto e disperato'' e non vi allontanerete poi troppo dalla verità.
È uno di quei periodi in cui va a finire che anche le attività piacevoli finiscono per diventare impegni da incastrare tra tanti altri e persino trovare il tempo per riposare o fare la pipì può esser problematico.
Stamattina ero po' scoraggiata davanti a questa mole di impegni e sarebbe stato senza dubbio controproducente ritrovarsi così, un po' abbattuti, quando invece si avrebbe bisogno del massimo delle energie ma poi per fortuna mi è venuta in mente una soluzione, ovvia per giunta, ma a volte le cose ovvie sfuggono quando si è presi da tanto altro.
Mi sono ricordata di una lettura fatta durante un corso di inglese, una di quelle letture che a volte sembrano così campate in aria che ci sarebbe da domandarsi chi è che le sceglie e se servono davvero a imparare l'inglese ma tant'è, chi l'ha scelta ha fatto bene il suo lavoro perché oggi mo è tornata utile.
Il testo iniziava con una domanda: come si mangia un elefante?
Pare che sia una delle domande che pongono durante dei colloqui ''estremi' per vedere come il candidato affronterebbe una situazione insolita.
La risposta vincente o comunque una di quelle meglio valutate dai datori di lavoro o dal perdona che effettua le selezioni è: un pezzo alla volta.
Il modo migliore di affrontare un problema grande e/o complesso è scomporlo in piccoli problemi più facilmente risolvibili è affrontarli uno alla volta.
Inizio a mangiare il mio elefante.

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