giovedì 11 giugno 2015

Lui troppo pieno di sé, io troppo piena di se.
Le sue mani sono si poggiano decise sui miei fianchi, le mie tentennano sfiorando il bavero della giacca. Non so come sia finiti in questa stanza d'albergo o meglio, non so come siamo finiti tutte e due nella stessa stanza. Il perché siamo in quest'albergo lo so benissimo.
Ultima sera di una convention durata tre giorni, cena di gala: tutte le donne in abito lungo, gli uomini in giacca e cravatta. La serata era stata lunga e calda, ci dovevano essere stati dei problemi con l'aria condizionata e di certo non invidiavo la tenuta degli uomini costretti a tutti quegli strati di vestiti. Ma come ero finita nella sua stanza?
Stesso tavolo, posti non scelti da noi ma assegnati da qualcuno che probabilmente aveva dovuto penare parecchio per dividere le persone in gruppi più o meno omogenei, al mio tavolo non conoscevo nessuno ma gli altri si conoscevano tra di loro. Tutti, tranne lui.
Ha fatto sottovoce qualche commento scherzoso sulle altre persone sedute al nostro tavolo e poi mi ha fatto qualche domanda sul discorso che avevo tenuto la mattina prima. "Sa, mi scoccio sempre di fare le domande alla fine degli interventi. Quando sono gli altri a farle penso sempre che stiano allungando il tempo che manca al coffee break." Come dargli torto. Si è complimentato con me per le mie argomentazioni e poi ha fatto un commento galante sul mio vestito. Apprezzamenti per la competenza lavorativa e per l'aspetto fisico, si vedeva che sapeva come lusingare una donna. Sprizzava sicurezza da tutti i pori, l'avrei detto un tipo fastidioso ma aveva un modo di essere saccente che era irresistibile. Non mi staccava gli occhi di dosso ma lo faceva senza mettermi a disagio. Ci sapeva fare, era evidente.
Quel vestito... l'avevo scelto perché per una volta volevo essere quella sicura di sì, spalle dritte, passo elegante, sorriso ammaliante: per una volta non volevo passare inosservata. E chi lo sa se c'ero riuscita, forse sì e in un certo senso mi faceva piacere ma continuavo a pensare che  il non essere notate a volte hai suoi vantaggi. Un posto dove non si conosce nessuno può essere un buon posto per sperimentare parti nascoste del proprio carattere.
La cena era stata meno noiosa del previsto, di certo averlo al mio fianco era stato un piacevole diversivo ma non spiegava la mia presenza nella sua stanza. Io non sono così, ho paura degli sconosciuti in genere. E anche ora che siamo così vicini, una voce dentro di me mi dice di inventare una scusa e andare nella mia stanza ma una voce più insistente mi diceva di aspettare perché la sua mano sarebbe risalita appena sfiorando la mia schiena nuda e ogni paura sarebbe passata.
Ma la sua mano non risale. Contro ogni previsione si stacca da me e si dirige verso un portatile poggiato su uno scrittoio accanto al letto. Qualche click e parte una canzone che riconosco dquasi subito. Si avvicina canticchiando piano... dance with me, make me sway...
Mi prende di nuovo tra le sue braccia e mi guida con decisione e delicatezza fino all'ultima nota. Mi accompagna alla porta della mia stanza e poggia un bacio leggero sulle mie labbra.
"Ho segnato il suo indirizzo email ieri durante la sua presentazione, voglio rivederla." E si allontana senza darmi il tempo di dire nulla.

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