venerdì 29 maggio 2015

Spengo il pc e mi immagino nell'atto di appoggiare le gambe sulla scrivania spingendo un po' indietro la sedia, le mani dietro la nuca, i gomiti aperti. Invece sfilo le scarpe col tacco, ruoto piano i piedi in un verso e nell'altro, distendo le punte come se fossi una ballerina e poi poggio la pianta sul pavimento, vincendo un innato ribrezzo per la moquette. Il giorno in cui potrò disporre di un ufficio mio avrà il parquet, ho deciso. E avrà anche tante vetrate, come nei film e affaccerà sul mare, non su una stradina anonima come adesso. Ancora non so come farò ad avere un ufficio tutto mio, ma è un dettaglio a cui penserò un altro giorno.
Sono stanca, anche un po' arrabbiata, penso al collega che per una leggerezza ha combinato un pasticcio che ci metterò almeno due giorni per mettere a posto, poi al capo che vuole che le cose vadano fatte in un certo modo e non prende neanche in considerazione l'idea che io possa avere un metodo alternativo che funziona altrettanto bene, se non meglio e nella metà del tempo. Faccio un po' di spazio sulla scrivania tra penne colorate, cartelline e post-it e poggio la mia testa sulle mie braccia incrociate.
Non vedo l'ora di andare a casa, ma non ho alcuna voglia di alzarmi da qui. Ho voglia di fare l'amore, è un pensiero improvviso. Non si dovrebbe fare l'amore solo per sfogarsi in un momento di rabbia o per trovare sollievo dalla stanchezza, suppongo. Proprio no. Ma ho voglia di fare l'amore e così non posso fare a meno di pensare a quel nuovo collega molto carino, quello che è stato così gentile da aiutarmi a sbloccare la fotocopiatrice che un giorno funziona e tre giorni no.
"Ti offro un caffè per sdebitarmi" gli ho detto.
Un caffè. Non fosse così tardi potrei invitarlo in ufficio con questa scusa, poi chissà, una cosa tira l'altra e... e già so che in realtà probabilmente non fare niente del genere, non con una persona appena conosciuta però mai dire mai, mi è capitato altre volte di fare cose che non mi sarei mai aspettata ma mi rendo benissimo conto che non ho voglia di fare l'amore con lui, ho voglia di fare l'amore e basta - un motivo in più per non provare neanche a chiamarlo - ma poco importa al momento. Comunque nulla mi impedisce di fantasticare.
Mi abbandono ai pensieri per un tempo che mi sembra indefinito, la stanchezza sta per vincere e sento che dovrei alzarmi o rischio di addormentarmi qui.
Sento bussare alla porta, un tocco leggero ma basta a scuotermi. Potrebbe essere lui, so che fa sempre tardi in ufficio, forse perché è nuovo e vuole dimostrare quanto vale, forse perché gli piace quello che fa.
"Allora, questo caffè? Ho ancora molto da lavorare per oggi, questa è la sera giusta per sdebitarsi, anche se l'orario è più adatto a una cena che a un caffè." Ha un sorriso irresistibile e poi io ho un debole per gli uomini con la camicia, se sono uomini che la camicia sanno portarla. Ché qui in questi uffici la camicia è quasi d'obbligo per gli uomini ma non tutti riescono ad avere quel fascino. A lui il fascino non manca, decisamente.
Prendiamo due pessimi caffè al distributore - una cena sarebbe di certo meglio - torniamo nel mio ufficio per berli, mescoliamo lo zucchero un po' troppo a lungo, come a prendere tempo.
Poche parole, non so come sia potuto succedere, la sua mano stava scostando dal mio viso una ciocca di capelli sfuggita allo chignon ormai in piedi da troppo tempo e nello scostarla mi ha accarezzato il viso, scendendo poi lungo il collo. Le sue mani sbottonano piano la mia camicia, le sue labbra baciano il mio collo, mi spinge sulla scrivania. Lo bacio con una voglia che non provavo da tempo, penso che dovrei controllare se la porta è ben chiusa ma in fondo a quest'ora siamo solo noi e lo stringo un po' più forte a me aggrappandomi alla sua schiena.
Sento bussare alla porta, sussulto, dovremmo ricomporci ma lui sembra non preoccuparsi minimamente. Dovrei fermarlo ma non ne ho voglia, chiunque sia tornerà domani, ho deciso: lo ignoro anch'io.
Bussano ancora, ancora un tocco leggero, sento il rumore della maniglia che si muove, la porta non era chiusa a chiave. Penso a una spiegazione, non mi viene in mente niente.
"Signorina, posso pulire l'ufficio o torno più tardi." - è una delle addette alla pulizia, ci incrociamo spesso a fine serata.
Sono da sola alla scrivania, alzo lo sguardo stanco. "Sì, grazie, tanto per oggi ho finito."
Infilo le scarpe, raduno alcune carte nella borsa, auguro buon lavoro e mi avvio verso l'ascensore.
Anche questa giornata è finita.

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